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27/05/2018
admin

Facebook e Cambridge Analytica: Cosa ci rimane?

Tutto è iniziato con la campagna elettorale del presidente Trump del 2016. Il team del futuro presidente assunse la società di analisi di dati politici Cambridge Analytica, che usava “test di personalità” e un’app apparentemente innocui per creare profili di personalità di circa 50 milioni di utenti di Facebook e influenzare il loro comportamento di voto.

I dati raccolti includevano dettagli personali, relazioni di amicizia e anche “Mi piace”.

Sembra tutto abbastanza innocente. Gli utenti avevano dato il loro consenso, giusto? Sbagliato.

Solo circa 270.000 utenti hanno acconsentito alla condivisione dei dati personali. La maggior parte è stata raccolta attraverso la minoranza consenziente, come parte dei “grafi sociali” degli utenti del social.

In altre parole, quelle 270.000 persone hanno dato il permesso a Cambridge Analytica di raccogliere dati personali su 50 milioni di persone.

Questi profili di personalità sono stati poi utilizzati per selezionare annunci politici altamente mirati. La tecnica utilizzata è stata sviluppata dagli scienziati dello Psychometrics Center dell’Università di Cambridge.

Ma cosa abbiamo imparato da questa assurda faccenda?

  1. Siamo molto gelosi dei nostri dati personali, ma (ancora) non sappiamo bene quando e come li usiamo.Al di là dei titoloni apparsi sui giornali, quello che è accaduto è piuttosto semplice: una società che si occupa di profilazione degli utenti sui social network, Cambridge Analytica, è stata sospesa da Facebook perché ha ottenuto dei dati violando le attuali regole di Facebook stesso, e li avrebbe utilizzati per creare un enorme database di preferenze, opinioni e modelli di consumo di milioni di utenti. Quei dati, tuttavia, non sono stati “rubati”: sono stati gli utenti – e cioè noi – a metterli su Facebook a suon di “Mi piace”, risposte ai sondaggi, e interazioni varie che abbiamo disseminato in giro. Il tutto al grido di “Ho letto e compreso le condizioni di utilizzo” (da parte nostra), e “l’azienda si impegna a non cedere o condividere i dati con terze parti”(dall’altra). Certo, scoprire che qualcuno la fa sporca non è mai bello, ma sotto sotto non stupisce. Stupisce invece, nel gran casino di articoli e analisi e tutorial spuntati in questi giorni su “come cancellarsi da Facebook” quanti abbiano dovuto spiegare che no, quei dati non ce li hanno “rubati”, quei dati ce li abbiamo messi noi su Facebook. E no, non c’entra il fatto che solo i miei amici possono vedere le foto di me al mare. C’entra il fatto che qualsiasi cosa io faccia su Facebook è perfettamente tracciabile indipendentemente dal livello di privacy che ho impostato sul mio profilo. Per rendersene conto basta fare un giro sulla scheda delle impostazioni che raccoglie tutte le applicazioni Facebook a cui noi stessi abbiamo dato l’ok ad accedere alle informazioni del nostro profilo. Una specie di brodo primordiale di sondaggi, test, giochi e app che da anni spalancano una finestra sul nostro comportamento online. Ebbene, io potrò anche essermi dimenticata di quale risultato ho ottenuto nel test “Scopri quale tormentone estivo ti somiglia di più”, ma sono abbastanza sicuro che chi ha ideato quel test abbi ancora da qualche parte la lista delle pagine a cui ho messo “Mi piace”.
  2. Ci piace un sacco giocare all’apocalisse.

    Nel giro di pochissime ore dallo scoppio dello “scandalo” di Cambridge Analytica si sono puntati i riflettori sull’altro punto caldo della faccenda: a cosa sono serviti questi dati? Tecnicamente, a generare pubblicità personalizzata. Sappiamo tutti che esiste il targeted advertising, giusto? Lo sappiamo nel momento in cui clicchiamo sulla foto di uno zainetto mentre cerchiamo un regalo per nostra cugina piccola e poi ci ritroviamo per mesi con banner di zainetti su qualsiasi pagina web che visitiamo. Ma quanto diventa più interessante se invece di “zainetto” ci mettiamo “elezioni”? Per quel che ne sappiamo oggi, Cambridge Analytica è stata ingaggiata da Trump per raccogliere dati in vista della sua campagna elettorale per le presidenziali del 2016. Quei dati sono serviti per “mappare” l’elettorato e fornirgli pubblicità mirate pro-Trump. Una sorta di volantinaggio altamente specializzato, dove però sul volantino c’è scritto esattamente quello che vorresti sentirti dire da un tipo che si sta candidando alla Casa Bianca.  E sì, quei dati Cambridge Analytica potrebbe anche averli ottenuti per vie traverse, violando le attuali policy di Facebook, ma da qui a dire che “Cambridge Analytica ha fatto vincere Trump e la Brexit grazie ai dati rubati a Facebook” è piuttosto azzardato. Però va riconosciuto che è un titolo decisamente interessante, di quelli che ti fanno subito cliccare per leggere l’articolo. Specialmente trovi il modo di mettere nello stesso titolo anche “hacker russi”, che fa sempre scena. Ma, in fondo, nemmeno il sensazionalismo è una novità. Un po’ come il targeted advertising.
  3. Ci piace ancora di più parlare senza l’evidenza dei fatti.

    Adesso, la domanda te la sarai posta anche tu: cosa succede adesso? Ebbene, sappi che mentre impazzano i complotti sugli “hacker russi che hanno aiutato Trump” e le dietrologie sulle scuse di Mark Zuckerberg, è partito già un altro film: quello delle cancellazioni in massa da Facebook. Negli ultimi tre giorni, mano a mano che si delineavano i contorni della questione, pare che frotte di utenti abbiano cancellato il proprio account Facebook sull’onda del movimento #DeleteFacebook. Poco importa che #DeleteFacebook non spinga alla cancellazione del profilo, ma piuttosto voglia incentivare a fare un po’ di “pulizia” di contenuti obsoleti da noi stessi pubblicati: basta che un tipo come Elon Musk cancelli le pagine Facebook di due dei suoi brand più famosi per dare il via all’esodo di massa dal social network più famoso del mondo.

Ne ho sentite tante ultimamente:
“Facebook fallirà” “nessuno più lo vorrà usare” “se ci pensi già tutti sanno usando molti di più instagram” “tra poco arriverà il nuovo social che lo rimpiazzerà”….
D’altronde è successo già alla Nike no? Ricordate quando venne fuori lo scandalo dello sfruttamento del lavoro nero? LA NIKE FALLIRA’ NESSUNO COMPRERA’ PIU’ I LORO PRODOTTI!

Ah non lo ricordate?

admin

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