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23/07/2018
admin

Social media marketing: E’ tutta una questione di contenuti.

Social media marketing: E’ tutta una questione di contenuti.

Non parliamo di Content Marketing!

I teorici del marketing sono sempre pronti a inventare nuove definizioni attraverso cui generare e circoscrivere territori da presidiare e di cui proporsi come i massimi esperti. Questa tendenza si è naturalmente realizzata anche in relazione all’importanza dei contenuti e, già da alcuni anni, si sente parlare di “Content Marketing”. Basta interrogare Google Trend (figura 1.1) per rilevare come le ricerche connesse a tale definizione siano cresciute in maniera esponenziale, a dimostrazione di un progressivo aumento di attenzione da parte di aziende e professionisti.

Tutto bene dunque? Non del tutto! Confinare la rilevanza dei contenuti prodotti dall’azienda per i propri canali digitali all’interno di una specifica definizione, pur ben focalizzata e corretta come quella di Content Marketing o di Branded Content Marketing, rischia di ghettizzare tale attività. Di farla cioè percepire come uno dei tanti modelli sviluppati nel tempo e passati di moda con la stessa velocità con cui lo erano diventati. Così facendo, una certa azienda o un responsabile marketing potrebbero pensare di non essere interessati a quello specifico modello. Niente di più sbagliato! Nel marketing e nella comunicazione digitale i contenuti sono decisivi.  Il marketing centrato sui contenuti è, di fatto, ciò che il marketing diviene in un contesto comunicativo dominato dai social media. Per dirla in maniera più diretta: nel marketing e nella comunicazione digitale i contenuti sono decisivi per ottenere risultati sia a livello organico sia di inserzionismo pay. Per cui: scordiamoci la definizione di Content Marketing e limitiamoci a parlare di marketing tout court. Inoltre, non confiniamo alla sola dimensione digitale il marketing centrato sui contenuti. Continuare a distinguere tra marketing digitale (social e web) e marketing tradizionale, tenendone separate le competenze e le strutture organizzative, deve oggi essere considerato, senza mezzi termini, indice di un grave ritardo culturale, purtroppo ancora estremamente presente nel nostro Paese. Un ritardo che provoca disfunzionalità, aumenta i costi aziendali e riduce l’efficacia ottenibile con approcci integrati tra online e offline. Evitiamo, infine, anche il fraintendimento per cui alcune realtà siano più adatte di altre a fare marketing attraverso i contenuti. Le logiche del Content Marketing digitale sono state sviluppate, in origine, soprattutto per le aziende B2B e, per alcuni, dovrebbero applicarsi esclusivamente a tale tipo di realtà. Personalmente, non condivido affatto questo tipo di visione. Possono certo cambiare le dimensioni, la complessità e le tattiche connesse all’attività di produzione e disseminazione dei contenuti, ma non certo la sua centralità per qualsiasi impresa che voglia gestire in modo efficace le proprie strategie di comunicazione e marketing. Potete essere il marketing manager di una grande multinazionale o gestire nei ritagli di tempo la Pagina Facebook della vostra panetteria mono-vetrina; potete operare nel B2B o rivolgervi direttamente ai clienti finali: in nessun caso potete pensare che la gestione dei contenuti che mettete in rete non sia per voi un fattore strategico di successo. O meglio, nell’attuale scenario comunicativo, “Il” fattore strategico di successo.

Una nuova vecchia storia

Le diverse definizioni di content marketing convergono nel descrivere tale approccio come l’insieme delle attività finalizzate alla creazione, cura e distribuzione di contenuti interessanti per i potenziali pubblici, attraverso cui attrarre e acquisire acquisire un’audience ben definita e stimolare nelle persone che la compongono comportamenti in grado di generare valore per l’azienda. In modo efficace, Nelli la definisce come: “una strategia di marketing basata sulla produzione, sulla distribuzione e sulla condivisione multicanale di contenuti rilevanti per specifici segmenti di pubblico, allo scopo di attrarre attenzione, suscitare interesse, sviluppare relazioni durature e stimolare azioni coerenti con gli obiettivi commerciali dell’impresa, posizionandola al tempo stesso a un livello di leadership per esperienza e credibilità all’interno del mercato in cui opera”.5 Ciò che accomuna queste definizioni è l’ipotesi che se l’azienda sa offrire contenuti di valore agli utenti, questi ultimi la ricompenseranno con i propri acquisti, la fedeltà al brand e la tendenza a parlarne favorevolmente, diventandone promotori. Un’ipotesi che, peraltro, non è affatto nuova e risulta corroborata da molti esempi di successo, alcuni dei quali risalgono a oltre un secolo fa mentre altri si collegano alle fasi iniziali dei media che oggi definiamo classici! Pur non escludendo l’esistenza di iniziative simili anche precedenti, si tende a individuare nel magazine The Furrow il primo esempio moderno di attività di marketing centrata sui contenuti. La rivista è stata fondata nel 1895 dalla John Deere, una delle principali società produttrici di macchine agricole, che la propose agli agricoltori come vademecum delle tecniche per ottimizzare la resa del loro lavoro. A distanza di oltre un secolo, The Furrow è ancora distribuito in dodici lingue e raggiunge circa due milioni di persone in tutto il mondo. Decisamente più nota è la Guida Michelin. Pubblicata per la prima volta nel 1900, è un esempio perfetto di come fare branding parlando completamente d’altro rispetto al core business aziendale. Ma l’esempio certamente più classico e studiato di quello che i marketer oggi chiamerebbero Content Marketing è rappresentato dalle soap opera. Nate prima per la radio, nel 1930 con Painted Dreams, poi passate, grazie al loro grande successo, anche alla nascente Tv (nel 1946 negli Usa inizia la trasmissione di Faraway Hills), le soap opera rispecchiano appieno tutte le caratteristiche di cui abbiamo parlato finora. Si trattava, infatti, di contenuti inventati ad hoc da aziende (in un primo momento soprattutto produttrici di saponi e detersivi) che, erogati attraverso il nuovo mezzo di comunicazione, riuscivano a entrare nelle case di milioni di persone proprio perché non si limitavano a promuovere i prodotti, ma raccontavano storie interessanti. I numeri testimoniano il successo strepitoso di queste iniziative: Sentieri (The Guiding Light), promosso dalla Procter & Gamble dapprima in radio e poi in Tv, si è chiusa solo nel 2009 dopo 72 anni e più di 1500 puntate e tuttora continua in forma scritta via Twitter.

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