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25/03/2019
admin

5 errori di Google

Accade anche nelle migliori famiglie? Pare proprio di si. Se anche Google ha dalla sua una serie (breve) di insuccessi, possiamo dire di avere la conferma del fatto che non basta essere un colosso per far funzionare un’idea.

Vediamo allora gli insuccessi più famosi di Google:

Google Plus: l’errore forse più famoso

Nasce nel 2011 e inizialmente fu accolto come potenziale competitor di un social network all’epoca più famoso come Facebook. Si presenta con alcune novità interessanti, come l’utilizzo delle cerchie che consentivano di condividere contenuti multimediali o semplici informazioni con utenti racchiusi ed identificati all’interno di quella singola cerchia.

Il social network raggiunge numeri subito interessanti andando a toccare i 3 miliardi di utenti registrati nel 2016.

Sebbene i dati sembrano identificare un successo strepitoso, Google+ presenta un grave problema: un tempo medio di permanenza dei suoi utenti di circa 5 secondi.

In sostanza Google+ possedeva tantissimi utenti che non facevano praticamente nulla.

Va da sé che un social senza interazioni e senza engagement tradisce il concetto stesso di social media.

Nonostante lo scarso successo intrinseco dello strumento, la parola fine viene sancita ufficialmente a causa di un problema legato alla sicurezza ed alla privacy degli utenti: le informazioni di circa 500.000 utenti iscritti al social sono risultate potenzialmente violabili a causa di un bug non noto da parte degli sviluppatori.

Il 2 aprile 2019 è la data che vedrà chiudere definitamente la versione consumer di Google+.

 

Google Movies/Youtube Movies: un Netflix che non ce l’ha fatta

Google Movies è un servizio video on demand online gestito da Google. In maniera molto sintetica è un servizio che mette a disposizione la visione o il noleggio di film e spettacoli online.

Cerchiamo di far capire nel miglior modo possibile il livello di insuccesso del servizio con una semplice domanda: qualcuno di voi ne ha mai sentito parlare?

Ecco.

errori googleYouTube Premium: uno Spotify bello, ma che non balla

Il principio è bene o male lo stesso che ha decretato l’insuccesso dei precedenti: in sostanza è come Spotify, ma Sptify è meglio.

Così come negli altri casi, sembra di essere sempre davanti ad un tentativo di “fare meglio” qualcosa che già esiste e che è già prepotentemente presente nella nostra quotidianità, con il solo risultato di creare un qualcosa di potenzialmente migliore, ma che non riesce a prendere il posto della realtà imitata.

 

Youtube Gaming: altro giro altra corsa

Anche qui, siamo di fronte ad un tentativo di emulazione di Twich, la piattaforma online dedicata allo streaming dei videogames.

A fine mese comincerà a non esistere più la relativa app  andando a spostare tutto sul sito principale.

Ridimensionamento che appare come primo segnale di resa.

 

Google Glass: non ci hanno visto bene

Resa disponibile per l’acquisto nel 2014, l’idea era quella di inserire tutte le informazioni generalmente demandate ad un dispositivo mobile all’interno di un paio di occhiali.

Due i principali problemi:

  • Prezzo di 1.550 dollari;
  • Possibilità di scattare foto e registrare in maniera “furtiva” e quindi problemi legati alla privacy.

Il risultato è il ritiro dal commercio per l’utente finale con il lancio nel 2018 di una versione solo per aziende.

 

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