Cosa sono gli NFT?
Oggi si sente un gran parlare di NFT, ma cosa sono gli Nft e come questa tecnologia può diventare una nuova frontiera di investimento?
Analizzeremo insieme cosa sono gli NFT, come sono nati e il loro funzionamento e potremmo così, far chiarezza tra la moltitudine di informazioni che si reperiscono online.
Cosa sono e come nascono gli NFT
Con il termine Nft, acronimo inglese di Not Fungible Token, che in italiano significa letteralmente “Gettone non fungibile”, si intende un prodotto digitale creato su internet – come ad esempio un video, una foto, un audio, opere d’arte o semplicemente un articolo – che una volta elaborato in formato digitale, diventa la copia virtuale autentificata non fungibile, ossia un token unico, non replicabile ne sostituibile perché esistenti in singola copia.
Il sistema che si trova alla base degli Nft, contenuti digitali intangibili, è la blockchain, tecnologia diventata famosa grazie alle criptovalute.
La blockchain altro non è che un registro digitale condiviso e immutabile dove vengono memorizzate informazioni sul bene e le transazioni di dati, pubbliche e non modificabili.
In pratica, nel caso degli Nft, la blockchain serve a certificare l’autenticità e l’unicità del bene per poterlo poi mettere in commercio.
Ogni Nft ha un codice identificatore salvato sulla blockchain ed è direttamente collegato a un wallet.
La nascita della Crypto Art
Da alcuni mesi sentiamo sempre più spesso parlare di crypto art, un modo di interpretare l’arte digitale, dove non ci sono intermediari ne critici ma è tutto legato alla blockchain e alle criptovalute.
Nft era un’espressione sconosciuta fino al 2017, quando iniziò a circolare col lancio di CryptoKitties, un gioco che permette agli utenti di allevare e scambiarsi gatti digitali. Gli inventori di CryptoKitties hanno usato la tecnologia blockchain alla base delle criptovalute per creare gli Nft, che sono diventati a tutti gli effetti i collari identificativi per i gatti.
La Crypto Art altro non è che l’ acquisto di un’opera d’arte con Nft con cui il compratore si attesta essenzialmente un documento virtuale che sancisce il proprio diritto sull’opera stessa.
Risulta chiaro a questo punto come, di fronte all’infinita riproducibilità dei contenuti digitali, gli NFT rappresentano il passaporto dell’opera d’arte che prima di essere immessa sul mercato subisce un processo rivoluzionario che la trasforma da opere originale in “token”, passando ad un sistema digitale su blockchain.
Dalle opere d’arte a far diventare anche un singolo tweet un’opera d’arte, è stato un gioco da ragazzi.
Non solo arte
Gli Nft non sono solo legati all’arte digitale, in primis perché è difficile dire cosa sia arte e cosa non lo sia, ed inoltre perché la stessa arte digitale esisteva già prima della nascita degli Nft.
Molti sono concordi nell’affermare che il boom degli Nft ha avuto inizio nel marzo di quest’anno, quando il co-fondatore e ceo di Twitter, Jack Dorsey, ha venduto il suo primo tweet – datato 21 marzo 2006 – in cui scriveva: “Just setting up my twttr”.
Dorsey aveva messo all’asta il tweet il 15 dicembre scorso e lo stesso giorno ha ricevuto la prima offerta di 1 dollaro. Poi il 20 dicembre un altro utente ha offerto 3mila dollari e il 6 marzo un terzo è arrivato a 100mila. Il tweet è stato venduto dal ceo di Twitter il 22 marzo per oltre 2,9 milioni di dollari. Dorsey ha dichiarato che avrebbe donato il denaro in beneficenza.
Stessa cosa ha fatto lo scorso 8 giugno l’Università di Berkeley, che ha messo all’asta e venduto un Nft che contiene dati digitali di alcuni studi che hanno vinto il Premio Nobel nel 2018 per l’editing genetico e l’immunoterapia contro il cancro.
Ed ancora, qualche settimana fa Todd Morley, cofondatore di Guggenheim Parteners, ha annunciato di voler creare il più grande museo al mondo di Nft.
Ci sembra ormai chiaro che gli Nft possono avere connotazioni molto diverse da quella che noi siamo abituati a identificare come il mercato dell’arte tradizionale.
Nuovi modelli di monetizzazione delle opere digitali
Possiamo acquistare e vendere Nft in dollari come in euro e in altre valute, dato che le blockchain sono indispensabili per la loro autenticità ma non per il loro scambio.
In questo preciso momento storico, la maggior parte dei contenuti digitali sono monetizzati tramite piattaforme pubblicitarie, come Facebook, o piattaforme basate su abbonamenti, come Netflix. Entrambe le piattaforme agiscono da intermediari tra i creatori e i consumatori.
Con lo smart contract, contratto che stipula la compravendita dell’Nft, consente ai creatori di mantenere la loro proprietà perché, a meno di specifiche e rare eccezioni, l’acquisto non comprende il copyright e l’acquirente non ne può reclamare i diritti d’autore o deciderne gli usi.
La propagazione senza limiti in rete è la sola forma di monetizzazione della produzione digitale.
Vediamo ad esempio come il marketplace Riable per ogni volta che un Nft viene venduto, il 7% del valore di ciascuna rivendita tornerà al proprietario originario dell’Nft.
Cosa simile accade su Zora, altro marketplace di opere digitali che invece di basare la monetizzazione sulla compravendita o sulla scarsità del bene, rende il bene accessibile a tutti, in questo modo la copia originale può essere rivenduta più e più volte, e ogni volta che il bene digitale viene rivenduto, il creatore originale percepisce una quota del prezzo di vendita.
Quanto più il contenuto diventa popolare, tanto più grande sarà il guadagno, non solo per il proprietario ma per tutti quelli che poi rivendono l’Nft.
Ad esempio, immaginiamo che un video su TikTok non venga misurato solo dal numero di visualizzazioni ottenute ma dal numero di “copie” vendute: maggiore sarà il numero di copie, più grande sarà il guadagno che da esso ne deriva.
Questo modello di monetizzazione, che ha una base esclusivamente digitale, fa intuire quale sarà il nostro futuro a medio e lungo termine. Ora non ci resta che iniziare a studiare.