Rebranding: rinnovare l’immagine di un’azienda.
Rebranding: rinnovare l’immagine di un’azienda.
La mania del rabranding accomuna molte aziende negli ultimi tempi,ma risulta sempre efficace?
Il rebranding è la strategia attraverso la quale un’azienda si immette sul mercato in maniera innovativa. Si tratta di un processo oggi molto utilizzato per proporre continue soluzioni in linea con i bisogni dei clienti, data la realtà in continua evoluzione.
Gli studiosi parlano di rebranding parziale e totale.
Il rebranding totale avviene quando c’è un cambiamento radicale dell’intera immagine aziendale e soprattutto del logo, del nome e delle strategie di marketing adottate.
Al contrario il rebranding parziale adotta modifiche riguardo un solo prodotto o un solo servizio dell’azienda.
Per avere un buon processo di rebranding sono necessarie tre fasi:
- Analisi.
Identificare i problemi e capire i punti forza, confrontandosi con i clienti, anche attraverso feedback e ricerche di mercato.
- Costruire un’identità aziendale.
L’azienda deve essere capace di esprimere se stessa ed essere coerente con la propria storia. Nel rebranding si passa quindi ad ideare un nuovo logo, il sito, le brochure e tutto il materiale promozionale.
- Agire.
E’ necessario comunicare la nuova storia, il nuovo brand e il nuovo messaggio del rebranding, coinvolgendo i clienti e i lavoratori attraverso ad esempio video divertenti, campagne pubblicitarie e canzoni.
Due esempi di rebranding li troviamo proprio in Italia con TIM ed Enel. Le due grandi aziende italiane hanno deciso di cambiare il proprio logo e non solo. Hanno adattato l’immagine aziendale ai numerosi cambiamenti nei rispettivi mercati di riferimento .
- Tim ha unificato infatti sotto lo stesso marchio i servizi mobile e quelli di rete fissa, andando incontro alla necessità dei clienti e adeguandosi quindi alla rivoluzione digitale degli smartphone.
- Enel vuole trasmettere energia e movimento ad un mondo
sempre più digitale.
Tra i vari rebranding, il più sorprendente è senza dubbio quello di Google. Tutti voi avrete notato infatti il nuovo logo sulla famosa pagina più visitata al mondo. L’obiettivo di questo progetto di rebranding era quello di adattarsi a tutte le piattaforme esistenti. Il nuovo logo di Google separa la vecchia era del sito dalla nuova: un cambiamento così sostanziale del Brand Identity non si vedeva infatti dal triennio 1997-8-9 quando Google cambiò tre loghi in tre anni. Il progetto presentato mantiene il colore distintivo del marchio precedente di Google in cui sono stati creati quattro punti colorati che vogliono esprimere le reazioni del programma: ascoltare, pensare, capire, confermare, rispondere.
Il carattere serif è stato invece sostituito con un’alternativa sans-serif che molte agenzie di stampa hanno accolto come amichevole. Infatti il buon vecchio carattere lascia spazio ad uno lineare e geometrico. L’asse inclinato della “e” è l’unico elemento scherzoso e confidenziale.
Abbiamo visto quindi come il rebranding sia molte volte volte indispensabile per garantire una persistenza nel mercato di riferimento, ma la storia ci da l’opportunità di ricordare purtroppo anche casi di rebranding fallimentari.
Nel 2006 Mastercard decise di rinvigorire il suo logo, ma invece di semplificare il design, scelse la strada opposta. Il risultato fu uno scarso ridisegno che ebbe vita breve.
Il logo millenario dello shop clothes Gap, aveva bisogno di essere rafforzato ma la scelta di sostituire i serif così elastici con un quadrato blu e un Helvetica portò feedback molto negativi e il tentativo durò una settimana.
C’è poi il caso di una grande multinazionale americana che, negli anni, ha fatto del processo di rebranding il proprio brand: la Pepsi. A differenza della Coca Cola, suo storico rivale, che fin dalla nascita ad oggi ha mantenuto i suoi connotati quasi del tutto invariati, la Pepsi ha optato per una strategia di rinnovamento continuo del proprio logo. Questa tattica però non permette al consumatore di assorbire e mantenere nel tempo un’immagine da associare al prodotto e la continua modifica dei propri tratti viene spesso vista come un’insicurezza che vuole coprire difficoltà e difetti.
Si capisce quindi da quanto detto come il rebranding rappresenti una sfida ma anche un rischio. L’azienda quindi ha il compito di assicurarsi che il rebranding sia davvero necessario.